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Argomenti estratti da: Quaderni di Fisica -   Giuliano Natali     ed. Universitalia

Meccanica II

Estratti dal Quaderno: Meccanica II

 

 

...Le Forze Inerziali - Esiste un’altra classe di forze che non appartiene ad uno dei 4 tipi fondamentali citati.  Queste forze dette anche (impropriamente) forze apparenti, sorgono connesse con qualsiasi massa che si trovi in un riferimento soggetto ad una accelerazione, cioè in un riferimento in moto non inerziale. Per questo motivo sono anche chiamate forze inerziali perché dovute al comportamento delle masse (inerziali) in un sistema di riferimento accelerato. Le forze inerziali sono quindi semplicemente una conseguenza diretta del Principio della dinamica e non costituiscono un ulteriore tipo di forza.  Per il Principio infatti, ad una qualsiasi modifica dello stato di quiete o di moto rettilineo uniforme di un corpo, dovuto ad una forza, il corpo risponde con l’inerzia della sua massa m, che si manifesta come una forza uguale e contraria a quella applicata e che scompare istantaneamente non appena cessa la forza applicata.  Ciò avviene perché la massa, sottoposta alla forza accelerante, tende a mantenere il suo stato dinamico originario e questo fatto si manifesta come una tendenza a restare indietro rispetto al sistema di riferimento. Questa forza, che origina dal fatto che il sistema non è inerziale, è perfettamente misurabile tramite un dinamometro: figg.1.4.1).  Come già detto, essa ha lo stesso valore della forza accelerante, la stessa direzione ma verso contrario e cessa quando scompare l’accelerazione, ovvero quando il sistema torna ad essere inerziale.  Un esempio chiarirà ulteriormente il fenomeno: il passeggero in un’auto che sta accelerando, viene spinto indietro dall’accelerazione del suo sistema di riferimento.

   In realtà è il passeggero che tende a restare nel suo stato dinamico, mentre il sistema di riferimento a cui è vincolato accelera. Invece, durante una marcia del veicolo a velocità costante, nessuna forza si manifesta sul passeggero (compatibilmente con lo stato della strada).   Un sistema di riferimento soggetto alla forza di gravità che sia non inerziale per accelerazioni verticali aggiuntive, presenta alcune caratteristiche che è interessante approfondire.  Supponiamo di avere un grave di massa m, soggetto alla forza peso P = mg diretta verso il basso, vincolata ad un sistema di riferimento R. Supponiamo inoltre che il sistema di assi cartesiani solidale con la Terra abbia l’asse verticale orientato normalmente verso l’alto. Con il sistema di riferimento R in quiete rispetto alla Terra, la massa m sarà soggetta al suo peso a causa della forza di gravità ed il dinamometro segnerà una elongazione corrispondente.

Se il riferimento diventa non inerziale per una accelerazione a avente direzione verticale si possono verificare due situazioni:

 1) l’accelerazione a, del riferimento R è diretta verso l’alto. Allora la massa m sarà sottoposta alla forza inerziale:

 

 che si somma alla  forza  peso:  P=mg  che fa sì che la forza totale verso il basso cui è soggetta la massa risulta:

 

 

 ovvero la massa m risulta avere un peso P* > P : fig.1.4.2)b.  In funzione dell’entità dell’accelerazione a cui è soggetto il sistema di riferimento, la quantità P* può essere molte volte superiore al normale peso P, come si verifica nel caso degli astronauti, al momento di un lancio nello Spazio, che possono essere soggetti ad accelerazioni fino a 10 volte l’accelerazione di gravità (10g) e quindi avere un “peso” equivalente anche a 10 volte il loro peso normale. 
 

 2) Se l’accelerazione a, del riferimento R è diretta verso il basso, la massa m sarà sottoposta alla forza inerziale:

 F=ma                                                                                     1.4.3)

Questa volta la somma algebrica con la forza di gravità porta ad una diminuzione del Peso del corpo; infatti:

 

 La diminuzione del peso, è un fatto reale, al punto che se l’accelerazione a che rende non inerziale il riferimento R è numericamente uguale a g , il peso, come si evince dalla 1.4.4), diventa nullo, cioè il corpo non avverte più l’accelerazione e quindi la forza di gravità. Un sistema di riferimento di questo tipo è un sistema di riferimento che viene detto in caduta libera, poiché appunto cade con una accelerazione uguale a quella di gravità g : fig.1.4.2)b.

 

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...Momento angolare - Se un corpo di massa m si trova in P, in rotazione con velocità tangenziale v intorno al punto fisso O, si può definire la nuova grandezza vettoriale:

 

che viene chiamata momento angolare di m rispetto al punto O e la cui parte scalare è espressa semplicemente da:

 

 che, ricordando la relazione fra velocità tangenziale e velocità angolare, può essere anche scritta anche come:

 

 Riprendendo le analogie fra le grandezze dei moti traslatori e rotatori, poiché la velocità angolare w è l’analogo della velocità lineare v ed il momento d’inerzia I è l’analogo della massa m, il vettore momento angolare L si può considerare l’analogo del vettore della quantità di moto Q: fig. 2.2.1).

 Se il moto rotatorio non ha velocità angolare costante, dividendo la 2.2.14) per un intervallo di tempo Dt supposto piccolo si ottiene:

 e ricordando la 2.2.12) si ha:

 

 La relazione 2.2.16) rappresenta un nuovo Principio di conservazione. Infatti considerato un sistema che comprenda il corpo m in rotazione rispetto ad un punto fisso O, se su di esso non agiscono momenti, ovvero il sistema è isolato, allora la variazione del momento angolare è nulla. In altre parole:

Energia di rotazione - Per corpi in rotazione rispetto ad un punto O è possibile ricavare infine il valore dell’energia cinetica in funzione dei parametri angolari. L’energia cinetica di un corpo P di massa m e velocità v è data dalla nota relazione:

 

 Ma se il corpo è in rotazione rispetto al punto fisso O, la velocità v nella 2.2.17) è la velocità tangenziale ed è in relazione con la velocità angolare w, tramite la: v = w r, avendo chiamato r la distanza OP. Quindi:

 

ovvero l’energia cinetica di un corpo che si muove di moto rotatorio rispetto ad un punto O ha una energia cinetica che dipende dal suo momento d’inerzia I e dal quadrato della sua velocità angolare w2. Anche in questo caso la relazione che restituisce l’energia cinetica di un moto rotatorio è formalmente analoga a quella del moto traslatorio.

Volani e giroscopi - Le considerazioni fatte fin’ora possono essere estese a corpi con dimensioni finite e geometrie qualsiasi. Infatti, come già detto in precedenza, ogni corpo può essere considerato composto in n parti costituenti, per cui è possibile analizzare le proprietà dinamiche di rotazione di ogni singola parte, per poi sommare ed ottenere la proprietà globale.   Poiché il momento d’inerzia I è un termine, che appare in tutte le equazioni fondamentali del moto rotatorio, nella 2.2.12) per il momento, nella 2.2.14) per il momento angolare e nella 2.2.18) per l’energia cinetica di rotazione, è importante conoscere il momento d’inerzia di un corpo rigido per analizzare il suo comportamento in un moto rotatorio, tenendo presente il fatto che i momenti d’inerzia sono diversi per un stesso corpo, in relazione al punto od asse di rotazione considerato.

A titolo di esempio consideriamo un disco di raggio r e massa mtot che ruoti rispetto ad un asse perpendicolare al piano del disco, passante per il suo centro: fig. 2.2.2). Un corpo di questo tipo, quando entra in rotazione, è chiamato volano...

 Per calcolare il momento d’inerzia del volano si deve immaginare il disco suddiviso in un grande numero di anelli di piccolo spessore, ciascuno di massa mi e di raggio ri. A sua volta ogni anello può essere pensato come formato da un certo numero di parti ciascuna di massa mik (per l’i-esimo anello), ovviamente tutte alla stessa distanza ri dal punto di rotazione O. Nell’i-esimo anello, ciascuna massa mik contribuirà con il proprio momento d’inerzia:...  


 

 

 

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...si definisce pressione il rapporto fra la forza esercitata perpendicolarmente sulla superficie di un fluido e l’area su cui è distribuita la forza.   L’espressione matematica che sintetizza la definizione data è:

 

Poiché si parlerà sempre di componente della forza perpendicolare alla superficie, nella 3.1.1) è sufficiente esprimere la parte scalare del vettore . Pertanto la pressione così come definita, risulta una grandezza scalare.   Le dimensioni della pressione in accordo con la 3.1.1) sono:

 

 le unità di misura della pressione sono il pascal nel S.I. e le dine/cm2 nel sistema c.g.s. Queste unità di misura sono in relazione fra loro in accordo con la:

 

Nella pratica si usano molto spesso altre unità di misura della pressione, che però introdurremo al momento in cui saranno esposti gli esperimenti ai quali fanno riferimento.   Una grandezza molto importante e ricorrente nello studio dei fluidi, è la nota densità di una sostanza, che qui viene richiamata:

 dove m indica la massa della sostanza e V il volume occupato da quella massa. Le dimensioni della densità sono come è noto:

 

e le sue unità di misura sono kg/m3g/cm3 nei due Sistemi rispettivamente. Va notato in questa sede che la densità r, è nettamente distinta dal peso specifico, così come la massa di un corpo è stata nettamente distinta dal suo peso.

I liquidi se sottoposti a pressione, risultano scarsamente comprimibili, cioè anche con pressioni elevate, il volume di un liquido non varia apprezzabilmente, mentre negli aeriformi, variazioni di pressione portano anche variazioni di volume.  In questa trattazione saranno studiati i liquidi incompressibili, quindi con densità r costante a temperatura fissata. 

 

Esperienza di Torricelli - I primi studi sui fluidi risalgono a Galileo che sperimentò senza arrivare alla spiegazione, che le pompe aspiranti, già note all’epoca, non riuscivano a sollevare l’acqua ad un altezza superiore a circa 10 metri. Il suo allievo Evangelista Torricelli, proseguendo questi studi eseguì un esperimento che fu determinante per la successiva comprensione del comportamento dei fluidi pesanti.

L’esperimento di Torricelli consiste in un tubo di vetro riempito di mercurio, capovolto in una bacinella a sua volta piena di mercurio, avendo avuto cura durante il riempimento ed il capovolgimento, di non lasciare spazio libero fra mercurio del tubo e mercurio della bacinella.

Se il tubo di vetro contenente il mercurio è sufficientemente lungo, si osserva nell’esperimento, che la colonna di mercurio scende nel tubo fino a raggiungere l’altezza di 760 mm circa: fig. 3.1.1)a.  Anche utilizzando tubi di lunghezza maggiore, il mercurio scende sempre fino a raggiungere l’altezza di 760 mm: fig. 3.1.1)b.

 Inclinando lo stesso tubo (di altezza superiore a 760 mm), di vari angoli, il mercurio si pone in equilibrio sempre a 760 mm di altezza rispetto alla superficie libera della bacinella: fig.3.1.1)c. Solo se il tubo ha una lunghezza inferiore a 760 mm il mercurio non scende nella bacinella: fig.3.1.1)c.

La spiegazione dell’esperimento di Torricelli, data dallo stesso scienziato, fu che l’atmosfera che circonda la superficie terrestre ha un suo peso, con il quale insiste sulla superficie della bacinella spingendo il mercurio a salire nel tubo. A sua volta il mercurio del tubo ha un suo peso che contrasta la spinta dell’atmosfera. L’equilibrio si ottiene quando la pressione della colonnina di mercurio e quella dell’atmosfera si equivalgono.

Principio di Pascal - L’esperimento di Torricelli, ripetuto ad altezze diverse rispetto al livello del mare (ad esempio su di una montagna) da Blaise Pascal, mostrò che l’equilibrio si otteneva per una altezza della colonnina di mercurio minore di 760 mm e questa altezza si riduceva salendo di quota, a riprova che, responsabile del risultato, era effettivamente il peso della colonna d’aria sovrastante la superficie della bacinella.  A séguito di numerosi esperimenti volti proprio a comprendere il significato dell’esperienza di Torricelli, Pascal enunciò il suo Principio sui liquidi che vale per tutti i fluidi in quiete. Il Principio di Pascal afferma che:

 in un fluido in quiete la pressione esercitata in un punto del fluido si trasmette inalterata in tutte le direzioni.

 Un tipico esperimento che dimostra la validità del Principio di Pascal, è costituito da un contenitore a forma di ampolla sferica con un lungo collo, riempito con un liquido, che può essere tipicamente acqua: fig. 3.1.2)a.  Se lungo la circonferenza equatoriale dell’ampolla di praticano dei fori e si riempie il contenitore di liquido, si vede che questo zampillerà da ogni foro con la stessa traiettoria e quindi con la stessa velocità iniziale, a dimostrazione di una stessa forza agente sul liquido indipendente dalla direzione del foro.   La forza responsabile della spinta che fa zampillare il liquido, deriva dalla forza peso della colonna di liquido che sovrasta i fori di uscita, come dimostrato dalla minore gittata nel caso di colonna di liquido più bassa: fig.3.1.2)b.  Questo peso, in rapporto alla superficie su cui insiste, costituisce quella pressione che si trasmette attraverso il liquido invariata in ogni direzione, fino ad arrivare in corrispondenza dei fori dove spinge il liquido in uscita.

Legge di Stevino - La formulazione matematica dell’espressione della pressione in un liquido pesante in quiete fu ottenuta per la prima volta da Stevino.  Supponiamo di avere una certa quantità di liquido incomprimibile, pesante (cioè soggetto a gravità), posto in recipiente. Il liquido sia in quiete nel recipiente, tale cioè da non presentare correnti interne o vortici...