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Argomenti estratti da: Quaderni di Fisica -   Giuliano Natali     ed. Universitalia

Meccanica III

Estratti dal Quaderno: Meccanica III

 

 

 ...1.1 - Cenni Storici - Da sempre la bellezza ed il mistero del cielo stellato hanno affascinato l’uomo ed hanno fatto nascere nel suo animo il desiderio di comprendere il moto del Sole, della Luna e dei pianeti, di prevedere le eclissi, di spiegare la comparsa improvvisa e misteriosa delle comete.  L’osservazione del cielo stellato è stata una attività che ha  affascinato e riempito di domande quasi tutte le antiche civiltà.  L’essenza degli astri, la loro struttura, la loro grandezza, la loro distanza, hanno costituito una sfida senza risposta per migliaia di anni.  In particolare, i moti delle stelle e quelli apparentemente erranti dei pianeti, sono stati oggetto di studi e speculazioni fin dai primordi dell’Umanità.  Se si osserva il cielo stellato in una notte buia, (è ormai difficile trovare delle località veramente buie che non subiscano l’inquinamento luminoso della nostra civiltà!), una analisi attenta ci mostrerà che gli astri hanno due tipi di moto entrambi periodici: il primo con un periodo di 1 giorno, l’altro che si svolge più lentamente, notte dopo notte lungo un intero anno.

I moti sono circolari, ma hanno come centro di rotazione (nell'emisfero nord), un punto del cielo che in prima approssimazione coincide con una stella di media luminosità: la stella polare. Stella polare così chiamata poiché nel nostro emisfero indica la direzione in cui si trova il Polo Nord terrestre.  Una ulteriore particolarità in questi spostamenti è che la stragrande maggioranza degli astri mantiene inalterate le reciproche posizioni, mentre pochi altri, oltre ai moti descritti, sembrano avere anche un loro moto apparentemente errante: le stelle i primi, i pianeti i secondi.

I tentativi di interpretazione di queste osservazioni sono state numerose fin dall’antichità. Il percorso, che nel corso dei secoli ha portato alla scoperta delle leggi che regolano il moto degli astri, è fra quelli più esemplari come esempio di un percorso logico attraverso il quale si arriva a stabilire una verità scientifica: una somma di previsioni teoriche, di verifiche sperimentali, di successiva elaborazione di una teoria generale e la successiva previsione da questa, di fenomeni ed eventi ancora sconosciuti.  Le evidenze osservative relative al moto degli astri, sono a favore di una Terra immobile nello Spazio intorno alla quale ruotano Sole, Luna, stelle e pianeti. Una concezione di questo tipo viene definita modello geocentrico del Sistema del Mondo ed è quella che si è affermata per prima presso le civiltà più antiche.

 Un modello diverso, detto modello eliocentrico del Sistema del Mondo era stato già concepito fin dal III secolo a.C. da Aristarco di Samo (310?÷230 a.C.).  Aristarco intuì che la Terra aveva un moto di rotazione annuo intorno al Sole, supposto immobile, descrivendo una traiettoria che fu poi chiamata orbita terrestre ed che la Terra stessa ruotava inoltre giornalmente intorno ad un suo asse, inclinato di circa 23 gradi rispetto al piano di questa orbita.  Circa nello stesso periodo, Eratostene (Cirene 275?÷195 a.C.), accettando questo modello, riuscì a valutare le distanze dalla Terra del Sole e della Luna. Calcolò anche la lunghezza dell’equatore terrestre, misurando l’altezza del Sole sull’orizzonte al solistizio d’estate in due luoghi posti sullo stesso meridiano. Questa misura, per la sua semplicità ed ingegnosità, merita di essere descritta in dettaglio. L’ipotesi che la superficie della Terra fosse sferica, era già stata accettata fin dai tempi di Platone e le sue dimensioni erano state supposte molto grandi, ma mai misurate con precisione.

Per comprendere il metodo utilizzato da Eratostene per la misura delle dimensioni della Terra si deve partire da alcuni fatti a lui noti.  Nella città di Alessandria (come anche in tutte le località dell'emisfero nord), durante il corso dell’anno vi è un giorno in cui  il Sole, a mezzogiorno, raggiunge la sua massima altezza sull’orizzonte (solistizio d’estate). Nella città di Siene (la moderna Assuan), in quel giorno il Sole raggiunge addirittura lo Zenith. Si trova cioè perpendicolare alla superficie terrestre.  Poiché nelle due città di Alessandria e Siene il Sole raggiunge la sua massima altezza sull'orizzonte circa nello stesso momento, nell'ipotesi di Terra sferica questo vuol dire che si trovano circa sullo stesso meridiano: fig.1.1.1).

 Al solistizio d'estate quindi, a Siene i raggi del Sole arrivano perpendicolarmente sulla superficie terrestre, mentre in Alessandria formeranno un angolo a  rispetto alla verticale.  Questo angolo a , è anche uguale all’angolo a  fra le verticali dei due luoghi, in quanto angoli alterni interni formati dalle due parallele p e p1 (i raggi del Sole che cadono in Alessandria e Siene), tagliate dalla trasversale t (il raggio della Terra): fig.1.1.1).

Dalla misura di a e dalla distanza fra le due città Alessandria e Siene, si ricava la misura del raggio della Terra r, ricordando la semplice relazione fra archi ed angoli di una circonferenza:

 

 da cui segue immediata la misura del meridiano terrestre, che nel modello allora accettato (Terra sferica), coincide con quella dell’equatore.

La misura dell’equatore terrestre fatta da Eratostene (46.250 Km), è incredibilmente precisa per l’epoca e per gli strumenti usati. E’ infatti appena il 16% superiore al valore vero (~40.000Km).  Purtroppo a causa della impossibilità di spiegare alcune osservazioni il modello di Aristarco fu abbandonato.  Apollonio (260 ÷200 a.C.), grande matematico di epoca alessandrina, famoso per i suoi otto libri in cui descrive le coniche, torna al sistema geocentrico introducendo, oltre ai cerchi principali (deferenti) che ruotano intorno alla la Terra posta nel centro, dei circoli minori (epicicli) che, rotanti a loro volta con centro sui circoli principali, spiegano i moti anomali dei pianeti.

Oggi sappiamo che questo fu un passo indietro, ma allora il modello sembrava accettabile, spiegava i moti planetari con sufficiente esattezza e rispondeva alle apparenze fornite dai sensi.  Questo Sistema del Mondo fu poi ripreso da Tolomeo (100÷200 d.C.) che lo descrisse nel suo Almagesto e fu accettato indiscusso per ben 14 secoli.  Nonostante gli artifizi e la complessità, il sistema tolemaico geocentrico riusciva sufficientemente bene a descrivere i moti degli astri, le fasi della Luna, le eclissi, ecc… Le deviazioni dalla teoria erano modeste e venivano imputate alla scarsa precisione delle misure dell’epoca.  Fu soltanto a partire dal 1500 che le basi del sistema tolemaico cominciarono ad essere messe in discussione.

 Nicolò Copernico, Thico Brahe, Giovanni Keplero, Galileo Galilei, Isaac Newton in rapida successione, spazzarono nel giro di 150 anni un Sistema del Mondo che aveva rappresentato per più di un millennio un punto di riferimento intoccabile.

 Nicolò Copernico (1473÷1543), che probabilmente era a conoscenza del pensiero di Aristarco di Samo, per primo tornò all’ipotesi che la Terra e i pianeti, contrariamente alle apparenze, ruotassero intorno al Sole, a sua volta immobile nello spazio.  Fu indotto a ciò, poiché in questo modo diventava estremamente più facile spiegare i moti delle stelle e dei pianeti sulla sfera celeste.  Dobbiamo soffermarci un istante per comprendere quale incredibile rivoluzione del modo di pensare dell’epoca questo concetto dovesse sembrare.  Tutto quello che i nostri sensi ci trasmettono infatti, afferma apparentemente il contrario. La Terra è stabilmente immobile nello spazio (terremoti a parte) e Sole e stelle ruotano intorno ad essa. E’ questa l’evidenza dei sensi!

L’ipotesi di Copernico era talmente incredibile, che in una nota introduttiva alla sua opera De Revolutionibus Orbium Coelestium, si legge (probabilmente scritto dal suo editore), che la teoria eliocentrica descritta nel libro era soltanto un artificio matematico atto a calcolare meglio gli spostamenti degli astri nella sfera celeste.  Questa ipotesi, che ha rivoluzionato radicalmente uno dei concetti fondamentali della conoscenza umana, nacque, per necessità, visti i tempi che correvano, come una mera trasformazione matematica, atta a rendere più agevole la descrizione degli spostamenti osservati.  Da un punto di vista matematico, Copernico aveva semplicemente cambiato il Sistema di Riferimento in cui descrivere i moti, ma così facendo aveva intuito la reale struttura fisica del Sistema del Mondo ed aveva spostato la Terra dalla sua posizione di centro dell'Universo, a quella di semplice pianeta che ruotava intorno al suo Sole come gli altri pianeti allora noti.  Dovettero passare altri 100 anni per vedere ulteriori sviluppi.

 

Thyco Brahe (1546÷1601), astronomo meticoloso e paziente, passò quasi tutta la vita nel suo osservatorio che aveva chiamato Uraniburg nell’isola di Hveen presso Copenhagen, a misurare con grande precisione gli spostamenti angolari di migliaia di astri. I suoi strumenti (compassi, traguardi ecc…), gli permisero di arrivare a definire le singole posizioni angolari con precisioni migliori di un minuto d’arco. Questa precisione oggi fa sorridere, ma all’epoca essa era inarrivata.  La sua elaborazione di queste misure non lo portarono alla corretta descrizione del Sistema del Mondo, ma le stesse misure furono fondamentali per l’opera del suo discepolo Keplero.

Giovanni Keplero (1571÷1630), notò come Copernico, che per spiegare i moti degli astri che derivavano dalle misure di Tycho, con il Sistema Geocentrico del Mondo doveva ricorrere ad innumerevoli artifizi e che comunque non spiegava completamente tutto, poiché le misure estremamente precise di Tycho rivelavano notevoli ed inspiegabili scarti rispetto alle previsioni.  Allora, cercò di inquadrare i dati del suo maestro nella ipotesi che fosse valida la teoria eliocentrica elaborata da Copernico. Questa volta, le misure e le previsioni del modello mostrarono un ottimo accordo e con l’ipotesi che i pianeti descrivessero delle ellissi intorno al Sole e non delle circonferenze come aveva ipotizzato Copernico, l’accordo divenne perfetto.  Su questa base Giovanni Keplero formulò le tre leggi che portano il suo nome e che descrivono matematicamente i moti dei pianeti intorno al Sole. 

Galileo Galilei (1564÷1642), con lui nasce la fisica in senso moderno. Galileo per primo insegna ad indagare i fenomeni naturali distinguendo dagli effetti indesiderati per arrivare all’essenza del fenomeno. Egli per primo utilizza la matematica per stabilire delle leggi fisiche e per prevedere l’evoluzione di un fenomeno.  Misura le oscillazioni del pendolo e ne scopre l’isocronismo. Studia i moti e ne stabilisce alcune leggi fondamentali: la prima legge della dinamica è lucidamente espressa nei “Dialoghi su due nuove scienze”. Studia i moti dei gravi e stabilisce il concetto di moto uniformemente accelerato in un modo modernissimo, chiarendo definitivamente che l’accelerazione di gravità è indipendente dalla massa del corpo.  Introduce i sistemi di riferimento rispetto ai quali studiare i fenomeni e stabilisce il principio di relatività galileiana.  Osservando per la prima volta il cielo con il cannocchiale, Galileo scopre che la Luna è un mondo con montagne, valli, crateri, come la Terra. Scopre i satelliti di Giove e misurandone i moti si accorge che descrivono intorno a Giove orbite che ubbidiscono alle leggi di Keplero. 

 Con ulteriori osservazioni sul Sole, descrive le macchie solari ed il loro moto sul disco solare, moto che ne dimostra la rotazione intorno ad un suo asse, intaccando la concezione dell’epoca, di un Sole come corpo perfettissimo ed immutabile.  Per la prima volta con Galileo, la teoria copernicana di un sistema eliocentrico del Mondo viene vista non come un artificio matematico, ma come una realtà oggettiva.

Isaac Newton (1642÷1727), elaborò matematicamente le leggi del moto inquadrandole nelle nuove leggi della dinamica.  La prima Legge che era stata introdotta da Galileo e le due successive enunciate dallo stesso Newton formano il pilastro fondamentale della fisica ancora ai nostri giorni.  Newton fu un genio come pochi nella storia della scienza: si occupò di ottica scoprendo lo spettro della luce e quindi l’origine dei colori e inventò il telescopio a riflessione.  Fu un matematico grandissimo, dobbiamo a lui fra le altre cose il calcolo infinitesimale.  Nel suo studio del moto della Luna e dei gravi in generale, arrivò alla formulazione della legge della gravitazione universale.  Con la legge di Newton sulla gravitazione, il Sistema del Mondo conosce finalmente il suo assetto moderno. Con Newton, il modello del mondo oltre che una descrizione ed una dimostrazione sperimentale, ha anche una spiegazione rigorosa attraverso leggi fisiche espresse da relazioni matematiche...

 

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 Sistema Solare-Stelle-Universo – In questa sede è opportuno elencare alcune caratteristiche del nostro Sistema solare e dell’Universo, così come 400 anni di astronomia moderna e circa 50 anni di astronomia spaziale ci hanno insegnato.  Intendiamo per Sistema solare tutto ciò che è legato gravitazionalmente al Sole. In questo senso, esso è formato da moltissimi corpi di diversa natura e composizione ed anche se una sua descrizione completa esula dalle finalità di questo corso, alcune delle caratteristiche più salienti meritano di essere ricordate.  Intorno alla stella Sole ruotano, a distanze diverse, 9 pianeti fra cui la Terra. Il più vicino al Sole è il pianeta Mercurio a soli 58 ·106 km di distanza. Il più lontano è il pianeta Plutone* a ben 5.900 ·106  km di distanza.  Un riepilogo di alcuni parametri dei pianeti e del Sole è riportato in Tab. I:

  Molti  pianeti hanno a loro volta dei satelliti in orbita intorno ad essi. La Terra ne ha 1, la Luna, il pianeta Marte 2, Deimos e Phobos, il pianeta Giove ne conta addirittura 63, quattro dei quali furono osservati per la prima volta da Galileo (satelliti medicei). Alcuni pianeti presentano degli anelli, i più vistosi dei quali sono quelli che circondano Saturno, osservati per la prima volta da Galileo (che però non li identificò come tali).  In orbita intorno al Sole inoltre, ruotano in orbite le più diverse, miriadi di frammenti di roccia, gli asteroidi, di dimensioni molto minori di un pianeta e migliaia di comete costituite da aggregati di roccia e ghiaccio, le cui orbite sono estremamente eccentriche, con l’afelio (punto più lontano dal Sole) che arriva molto oltre l’orbita di Plutone ed il perielio (punto più vicino al Sole) a volte più interno dell’orbita di Mercurio (recentemente, nel 2006 , il pianeta Plutone è stato declassato dall’Unione Astronomica Internazionale da pianeta, a pianeta nano esterno).

La massa del Sole è valutata in 1,99 ·1030 kg. In confronto la massa dei pianeti è molto modesta, infatti solo il pianeta più grande, Giove, presenta una massa di 1,89 ·1027 kg che è appena confrontabile con quella del Sole (circa 1/1000-esimo) e la massa della Terra è addirittura 330.000 volte più piccola della massa del Sole.  Si può dire che la quasi totalità della massa del Sistema è concentrata nel Sole, mentre viceversa, il momento della quantità di moto o momento angolare è quasi tutto concentrato nei pianeti, in particolare nei pianeti giganti Giove e Saturno. Inoltre tutti i pianeti, fatta eccezione per Plutone, ruotano intorno al Sole nello stesso verso e tutte le orbite dei pianeti giacciono quasi su di uno stesso piano. Queste evidenze sperimentali sono molto importanti, poiché qualsiasi teoria cosmogonica sull’origine e la formazione del Sistema solare ne deve tener conto per essere ritenuta accettabile.


 

 I numeri riportati in Tab.I e le considerazioni fatte, non permettono una reale ed effettiva valutazione delle dimensioni degli oggetti astronomici e delle loro distanze relative, in quanto troppo grandi, rispetto alla scala umana, per essere pienamente comprese. A tale scopo, è utile fare una riduzione di scala, in modo da rendere le grandezze di cui stiamo trattando, più confrontabili con le dimensioni a cui siamo abituati.  La riduzione di scala più opportuna risulta di un fattore 1010 (10 miliardi). Quindi si tenterà di rappresentare gli oggetti astronomici e le loro distanze dividendo tutto per il fattore 1010.  

   In questa scala il Sole ha un diametro di circa 14 cm (quanto un piccolo melone). La Terra diventa un oggetto di 1.3 mm di diametro (meno di un chicco di riso) e si trova ad una distanza dal Sole (il nostro melone), di circa 15 m.  Nel modello adottato, il limite del nostro Sistema planetario (l’orbita di Plutone), si trova a 590 m di distanza dal Sole.   Per le distanze degli altri oggetti dell’Universo i risultati sono ancora più drammatici.  La stella più vicina al Sole infatti, si chiama Proxima, appartiene alla costellazione del Centauro e si trova a circa 4.4 anni luce (a.l.) di distanza (1 a.l. ~ 1016 m).  Nel nostro modello in scala si deve posizionare a circa 4.400 km di distanza dal Sole (un poco meno della distanza fra Roma e New York che è di 6.900 km)!! Ed in mezzo, il gelido vuoto cosmico.

   La galassia a spirale più vicina al nostro sistema stellare, la galassia Andromeda, dista da noi circa 2 milioni di anni luce: 2·1022 m. Nel modello in scala dovrà trovarsi a circa 2.000 milioni di km (oltre l’orbita di Saturno)!!! Nell’Universo esistono miliardi di galassie distantissime fra loro.

 

 Possiamo ora renderci pienamente conto della validità dell’orgogliosa posizione dell’Umanità, nata su questo orgoglioso Pianeta, totalmente sperduto nell’Universo sconfinato.

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...Teoria degli Urti...Si definiscono urti elastici quegli urti nei quali:

 1) Si conserva la quantità di moto totale del sistema

2) Si conserva l’energia cinetica totale del sistema

   Da un punto di vista matematico queste definizioni possono essere espresse come:

  

dove gli asterischi indicano le grandezze dopo l’urto, mentre gli indici inferiori caratterizzano i due corpi che subiscono l’urto. Anche in questo caso l’equazione 2.2.1)b è un’equazione vettoriale e la relazione dovrà essere verificata per tutte le componenti dei vettori Q.

   Gli urti elastici possono essere ulteriormente suddivisi, per motivi didattici, in due classi:

 1) urti in una dimensione, quando le velocità dei corpi coinvolti nell’urto, si sviluppano sulla stessa retta.

2) urti in due dimensioni, quando le velocità dei corpi coinvolti, non hanno la stessa retta, cioè si sviluppano su rette diverse (parallele o non parallele).

    Urti in una dimensione - Analizziamo l'urto elastico fra due corpi di massa m1 ed m2  che abbiano velocità rispettive v1 e -v2  parallele e giacenti sulla stessa retta.  Chiameremo questo tipo di urto anche, urto frontale. Le relative grandezze dinamiche dovranno soddisfare le equazioni 2.2.1) che, esplicitate diventano:

 

   Poichè per i vettori Q esiste una sola componente, quella parallela alla retta comune, si può correttamente scrivere semplicemente l'equazione 2.2.2)b che è la parte scalare della 2.2.1)b.  Con alcune lunghe, ma non difficili riduzioni algebriche, si ricavano le velocità dei due corpi dopo l’urto che sono date dalle espressioni:

 

  Le equazioni 2.2.3), pur molto semplici, in alcuni casi particolari diventano ancora più chiare nel far risaltare le caratteristiche dei fenomeni interessati.

 1) – I due corpi hanno la stessa massa m1 = mma velocità v1 ≠ v2 . Per comprendere cosa accade trasformiamo le 2.2.3) dividendo numeratore e denominatore della 2.2.3)a per il fattore m2 e della 2.2.3)b per il fattore m1:

 

   Poiché m1 = m2 , le ovvie semplificazioni portano alle:

 

cioè dopo l’urto i due corpi si sono scambiati le rispettive velocità: la massa m1 si allontanerà con la velocità v2 e la massa m2 avrà a sua volta la velocità v1.  Se i segni delle due velocità sono diversi, questo scambio comprende anche i segni. Di conseguenza i due corpi escono dall’urto tornando dalla direzione da cui originariamente provenivano: fig.2.2.1).

 Un caso particolare si ha, sempre a parità di massa, se uno dei due corpi è fermo prima dell’urto, cioè v2=0: fig.2.2.2)a. Dopo l’urto, il corpo lanciato resterà fermo (v*1=0), mentre quello che era originariamente fermo esce dall’urto con velocità v*2=v1: fig.2.2.2)b.

  2) – I due corpi hanno masse tali che: m2>>m1 , con m1 lanciato a velocità v1 mentre m2     è in riposo (v2=0).  L’esempio tipico è quello di un corpo di massa m1 lanciato con velocità v1 contro una parete immobile, con una traiettoria perpendicolare al piano della parete (urto frontale): fig. 2.2.3)a. 

 In questo caso per ottenere un risultato chiaro bisogna trasformare le equazioni 2.2.3) dividendo numeratori e denominatori di entrambe per  il fattore m2:...

 

 

 

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