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Argomenti estratti da: Quaderni di Fisica -   Giuliano Natali     ed. Universitalia

Termodinamica

Estratti dal Quaderno: Termodinamica

 


 ...Conduzione del calore - La conduzione del calore fra due sorgenti a diversa temperatura, può essere analoga al flusso di un liquido che scorre fra due vasi comunicanti a causa della iniziale diversa altezza. Le analogie fra i due fenomeni sono elencate di seguito.  

 Consideriamo due corpi a diversa temperatura t2 e t1 con t2 > t1 connessi con una sbarra cilindrica di sezione S, e lunghezza l: fig.1.3.3)a.

Per analogia, consideriamo due vasi contenenti liquido a diversa altezza h2 e h1 con h2 > h1 connessi con un condotto di sezione S, e lunghezza l: fig.1.3.3)b.

● Il calore scorre dal corpo a temperatura più alta raffreddandolo, verso quello a temperatura più bassa riscaldandolo.
● Nell'analogo, per la legge sui vasi comunicanti il liquido scorre dal livello più alto diminuendone l’altezza, verso il livello più basso aumentandone l’altezza.

● La capacità termica dei due corpi (della stessa sostanza) dipende dalla massa di ciascuno di essi.
● Nell'analogo, la capacità dei due vasi dipende dal rispettivo volume.

● Il flusso del calore fra i due corpi, dipende in modo diretto dalla differenza di temperatura t e dalla sezione S del condotto ed in modo inverso dalla sua lunghezza l .
● Nell'analogo, il flusso del liquido fra i due vasi dipende in modo diretto dalla differenza di altezza h, dalla sezione S del condotto ed in modo inverso dalla sua lunghezza l.

● Il flusso di calore cessa e la temperatura finale si stabilizza ad un valore intermedio fra i due iniziali, quando si raggiunge l’equilibrio termico del sistema.
● Nell'analogo, il flusso di liquido cessa ed il livello finale si stabilizza ad un livello intermedio fra i due iniziali, quando si raggiunge l’equilibrio dinamico del sistema.

   Come si vede, nelle opportune condizioni, la dinamica del liquido ha un comportamento analogo al fenomeno termico e l’analogia in questo caso è molto stretta.

   Convezione - Se si riscalda un liquido nella parte bassa del recipiente che lo contiene, le parti di liquido direttamente a contatto con la sorgente di calore si riscaldano per conduzione e quindi si dilatano diminuendo di densità.  Per spinta di Archimede, queste parti saliranno portandosi verso gli strati superiori che, rimasti più freddi, scenderanno verso il basso verso la sorgente di calore. Qui essi si riscalderanno a loro volta risalendo in superficie.  Si stabiliscono in questo modo delle correnti convettive che portano continuamente liquido freddo a contatto con la sorgente di calore posta in basso.  La matematica che descrive il fenomeno è piuttosto complessa, anche perché se gli scambi di calore sono elevati, le correnti convettive diventano molto rapide, generando nel liquido un regime turbolento di difficile descrizione. Ovviamente, la convezione si realizza nei liquidi solo quando il liquido è in un campo di forze, come per esempio il campo gravitazionale e la sorgente di calore si trova in basso rispetto alla direzione delle forze del campo. In assenza di queste condizioni il calore anche nei liquidi si trasmette solo per conduzione. Anche negli aeriformi, il trasferimento di calore avviene prevalentemente per convezione, poiché anche in un aeriforme le parti calde, meno dense, sono soggette alla spinta di Archimede e salgono verso l'alto generando correnti convettive.
  Il fenomeno, è particolarmente importante nell'ecosistema terrestre e governa l'intero scambio di energia fra le parti più calde e le parti più fredde del Pianeta per mezzo delle correnti ascensionali che si generano fra la superficie (del suolo o delle acque) riscaldata dal Sole e gli strati alti e più freddi dell'atmosfera. Queste correnti ascensionali sono responsabili dei successivi trasferimenti trasversali dell'atmosfera noti come venti.

    Irraggiamento - L’esperienza comune offre numerosi esempi di corpi caldi che sono in grado di riscaldare oggetti circostanti anche senza aver bisogno di nessun mezzo interposto: le lampade ad incandescenza, i termosifoni, o più semplicemente, la cenere spenta da poco tempo in un camino.
  Fa parte dello stesso tipo di fenomeno, il riscaldamento della Terra ad opera del Sole che si trova a milioni di km di distanza, con interposto lo Spazio interplanetario virtualmente privo di materia.  Questo riscaldamento avviene ad opera di una radiazione (identificata poi come radiazione elettromagnetica), emessa nello spazio circostante in misura maggiore o minore da tutti i corpi, che si propaga alla velocità della luce.
  Così come viene emessa, questa radiazione è anche assorbita dai corpi che colpisce ed entrambi i fenomeni dipendono dalla natura dei corpi, dalle loro superfici e dalle rispettive temperature ed ubbidiscono alla stessa legge.  Poiché questa radiazione produce una diminuzione di temperatura nei corpi che la emettono ed un aumento di temperatura nei corpi che la assorbono, si può parlare di quantità di calore irradiata o assorbita dal corpo per unità di tempo.
  Questo calore per unità di tempo, già definito nella espressione 1.3.2), è governato da una relazione trovata sperimentalmente da Joseph Stefan, poi confermata teoricamente da Ludwig Boltzmann:

 
dove S è la superficie radiante del corpo. Il termine T, uguale alla temperatura t espressa in °C sommata al termine 273,15 si chiama temperatura assoluta ed il suo significato sarà chiarito nel seguito con lo sviluppo della teoria cinetica dei gas.
   La costante s si chiama costante di Stefan ed è una costante universale, cioè indipendente dal corpo e valida in qualsiasi punto dell’Universo ed in qualsiasi tempo.  La costante h invece, è un termine che dipende dalla natura della superficie del corpo che irradia e può assumere un valore compreso fra 0 e 1.  Un valore di h prossimo a 0 è tipico delle superfici chiare, meglio se bianche lucide e riflettenti e significa che il corpo assorbe pochissimo la radiazione che lo investe rinviandone la maggior parte di nuovo nello spazio circostante.  Un valore di h prossimo a 1 invece è tipico delle superfici scure, meglio se nere e significa che il corpo assorbe moltissimo la radiazione che lo investe.  Un corpo teorico che abbia h= 1 viene chiamato corpo nero, esso presenta la proprietà di assorbire tutta la radiazione che lo colpisce proveniente dallo spazio circostante e di emettere tutta la radiazione che è in grado di produrre in funzione della sua temperatura. Una buona approssimazione di corpo nero, è il foro d’ingresso di una cavità: figg. 1.3.3), in quanto tutta la radiazione che entra nella cavità, si riflette ripetutamente nelle pareti interne riscaldandola, con pochissima probabilità di riuscire verso l’esterno.
   Un corpo qualsiasi ed in particolare un corpo nero, che si trovi alla temperatura T, emette una radiazione nell’ambiente in cui si trova, producendo calore in accordo con la 1.3.4).  Se l’ambiente si trova a sua volta alla temperatura T0, anch’esso emette radiazioni in accordo con la 1.3.2), producendo calore nel corpo. Il bilancio totale di questo scambio è:

 

   Se questo bilancio risulta positivo ( T >T0 ), il corpo emette più radiazione di quella che riceve e si raffredda, se negativo ( T >T0 ), il corpo emette meno radiazione di quella che riceve e si riscalda. Tutto questo fino all’equilibrio termico fra il corpo e l’ambiente.
  Lo studio della radiazione di corpo nero è stato un mezzo potentissimo per l'introduzione e lo sviluppo di una branca della fisica che si è rivelata fondamentale per lo studio della struttura intima della materia: la meccanica quantistica.  Gli elementi che hanno portato a questi risultati saranno descritti in successivi Quaderni.
   Tenendo presente le modalità del trasferimento del calore fra i corpi e l’ambiente, James Dewar alla fine del 1800 realizzò un contenitore che, pur non annullando completamente i trasferimenti di calore fra il suo interno e l'ambiente esterno, li rese trascurabili.  Il contenitore realizzato da Dewar, detto anche vaso di Dewar o più semplicemente dewar, è formato da due pareti di materiale altamente isolante (vetro pirex), che sono in contatto soltanto nella parte superiore: fig.1.3.4).  Nel dewar, il trasferimento di calore per irraggiamento è minimizzato da un rivestimento delle superfici interne delle pareti con uno strato di argento o di alluminio altamente riflettenti.

 Il trasferimento del calore per convezione è minimizzato estraendo, dalla intercapedine fra le due pareti tutta l’aria presente fino ad ottenere un vuoto abbastanza eleveato.  Il trasferimento del calore per conduzione è minimizzato dal lungo percorso attraverso il vetro della parete interna, necessario al calore per raggiungere la parete esterna e quindi l’ambiente.  Un dewar, poiché è isolato termicamente, riesce a mantenere la temperatura al suo interno quasi costante anche per giorni.  Il dewar è stata un invenzione fondamentale per lo sviluppo della fisica dello stato freddo (criogenia). Prima di questa invenzione, non era possibile mantenere in ambienti normali, le bassissime temperature di alcuni gas liquefatti come l’azoto o l’ossigeno se non per pochi minuti, impedendo quindi lo studio delle loro proprietà in quelle condizioni particolari. Un gas liquefatto a bassissima temperatura racchiuso in un dewar invece, torna allo stato gassoso molto lentamente ed una parte di esso può restare liquida anche per giorni.  I vasi di Dewar hanno avuto grande diffusione commerciale con il nome di thermos...

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    ...Leggi dei Gas - Così come nei solidi e nei liquidi, i trasferimenti di calore e di conseguenza le variazioni di temperatura hanno conseguenze anche nei gas.  Tuttavia, poiché un gas non ha un volume proprio, ma quello del suo contenitore, la variazione di temperatura ha effetto sul volume, solo se il contenitore può variare esso stesso il proprio volume a seguito dell'azione del gas (è il caso di un cilindro chiuso da un pistone mobile). In caso contrario la variazione di temperatura ha effetto solo sulla pressione che il gas esercita sulle pareti del contenitore.

 ...Lo stato di un sistema costituito da una massa di gas, è quindi determinato dal suo volume, dalla pressione che esercita e dalla temperatura a cui si trova. Le leggi che governano lo stato termodinamico, assumono un forma semplice nel caso che il sistema si possa considerare un gas ideale (in alcuni testi definito gas perfetto). Un gas si definisce ideale se contemporaneamente:

● si trova ad una pressione sufficientemente bassa
● si trova ad una temperatura sufficientemente alta

   Le condizioni elencate possono apparire vaghe e non fisicamente quantificabili: per esempio una pressione di 760 mm di Hg è sufficientemente bassa, oppure è troppo alta perchè il gas si possa considerare ideale? Altrettanto dicasi per la temperatura: la temperatura di 20 °C è sufficientemente alta perchè si verifichi questa condizione?  Una definizione più precisa, perchè un gas reale possa approssimarsi ad un gas ideale, sarà data alla fine di questo paragrafo e nel capitolo successivo. Per ora verranno sviluppate le leggi che governano il comportamento dei gas nell'ipotesi di gas ideali.  Per un sistema costituito da un gas ideale che subisca una trasformazione termodinamica valgono:

la legge di Boyle nel caso di temperatura costante (legge isoterma)
la legge di Charles nel caso di pressione costante (legge isobara)
la legge di Gay-Lussac nel caso di volume costante (legge isocora)

 Legge di Boyle - Dato un sistema costituito da un certo volume v0 di gas ideale, alla pressione p0 , mantenuto alla temperatura costante t , per qualsiasi trasformazione che il sistema subisce, il prodotto del suo volume per la pressione resta costante, cioè le due grandezze sono inversamente proporzionali:


La costante k che compare nella 1.4.1), è costante per una determinata temperatura ma, assume valori diversi al variare di questa.  La rappresentazione di questa relazione nel piano v, p è il ramo positivo della ben nota iperbole equilatera che ha per asintoti gli assi (è solo il ramo positivo perché sia la pressione che il volume non possono essere fisicamente negativi): fig. 1.4.1)a. Al variare della temperatura varia la costante k e di conseguenza la morfologia del ramo d'iperbole: fig. 1.4.1)b.

  Legge di Charles - Dato un sistema costituito da una certa quantità di gas ideale che alla temperatura t0 occupa il volume v0 , nell’ipotesi che la pressione resti costante, le variazioni di volume che il sistema eventualmente subisce, dipendono dalle variazioni della temperatura del gas.  Sperimentalmente si trova che la variazione relativa del volume è proporzionale alla variazione di temperatura, attraverso la costante  con una legge simile a quella che governa le dilatazioni cubiche dei solidi e dei liquidi:

   La costante di proporzionalità a assume lo stesso valore per qualsiasi gas, al contrario di come avveniva nei solidi e nei liquidi. La 1.4.2) sviluppata, assume la nota forma:

che nel piano v,t descrive una retta di intercetta v0 e coefficiente angolare v0۰: fig.1.4.2).

   Legge di Gay-Lussac - Dato un sistema costituito da una certa quantità di gas ideale che alla temperatura t0 si trovi alla pressione p0, nell’ipotesi che il volume resti costante, le variazioni di pressione che il sistema eventualmente subisce, dipendono dalle variazioni della temperatura del gas.  Sperimentalmente si trova che la variazione relativa della pressione, è formalmente uguale alla 1.4.2) che governa le variazioni di volume:

  

  Da notare che anche nel caso delle variazioni di pressione in funzione della temperatura, la costante è anch’essa la stessa per tutti i gas ed ha lo stesso valore della costante che governa le variazioni di volume. La 1.4.4) sviluppata, assume la forma:


che nel piano p,t è una retta di intercetta p0 e coefficiente angolare p0۰: fig.1.4.3).

   Equazione di stato dei gas ideali - Come già detto, lo stato termodinamico di una determinata quantità di gas è una funzione dei tre parametri p, v, t e le leggi di Boyle, Charles, Gay-Lussac, descrivono il comportamento del gas mantenendo costante di volta in volta uno di questi parametri.  Tuttavia nelle trasformazioni termodinamiche, le variazioni possono coinvolgere contemporaneamente le tre variabili ed è quindi utile rappresentare il comportamento del gas tramite una unica equazione, sintesi delle leggi enunciate.  Così come per tutte le grandezze fisiche finora introdotte, anche per quanto riguarda le quantità di gas che costituiscono il sistema, è utile riferirsi a quantità universalmente riproducibili.
   Le nozioni di chimica elementare individuano la quantità standard chiamata grammomolecola o più brevemente mole di un elemento, definita come la quantità in grammi di quell’elemento pari al suo peso atomico. Questa quantità è stata assunta come grandezza fondamentale nel sistema internazionale S.I. con il simbolo n, ci si riferirà quindi nel seguito a quantità di gas espresse in moli e frazioni di mole...

 

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  ...Stati di aggregazione – I principali stati di aggregazione sotto cui la materia si presenta sono: solido, liquido, aeriforme e lo stato in cui una qualsiasi sostanza si trova è dipendente dalla sua temperatura e dalla sua pressione. Al variare di questi due parametri termodinamici lo stato di aggregazione può cambiare passando dall’uno all’altro. Prima però di analizzare questi cambiamenti è opportuno definire gli stati di aggregazione in modo più preciso secondo la schematizzazione mostrata in fig.1.5.2).

   I solidi, sono quelle sostanze nelle quali, alla temperatura in cui si trovano, l’energia di legame U fra le singole molecole o fra i singoli atomi è maggiore dell’energia disordinata dovuta alla temperatura Ec .
In conseguenza di ciò, le singole particelle non si allontanano l’una dalle altre ma si limitano ad oscillazioni più o meno ampie intorno ad una posizione centrale, in funzione della temperatura e questo è il motivo per cui il solido presenta forma propria e volume proprio.  I solidi si dividono in solidi cristallini e solidi amorfi.

Nei solidi cristallini, le molecole sono costituite da atomi che occupano i vertici di un reticolo, la cui forma e struttura nello spazio dipende dalla sostanza stessa.  L'energia cinetica disordinata dovuta alla temperatura è presente come energia di oscillazione intorno alla posizione di riposo occupata dagli atomi. Un esempio classico è il sale marino (NaCl) che presenta una struttura cristallina cubica poiché i suoi atomi occupano i vertici di un cubo: fig.1.5.3)a.   Nei solidi amorfi, gli atomi che costituiscono il solido non occupano posizioni definite nello spazio, ma sono aggregati in modo disordinato e casuale, pur conservando una buona omogeneità anche su piccola scala. Esempi tipici sono le cere, i catrami ed i vetri: fig.1.5.3)b.

  Nei liquidi, le singole molecole non occupano posizioni specifiche all’interno della sostanza ma, a differenza dei solidi amorfi, possono scorrere l’una sull’altra senza potersi però allontanare dalla massa del liquido restante fatto questo che determina la caratteristica dei liquidi di avere volume proprio ma forma determinata dal contenitore.  Nei liquidi, la possibilità di scorrimento delle molecole è determinata da una caratteristica fisica che si chiama viscosità.                                              Un liquido a bassa viscosità è un liquido in cui le molecole possono scorrere facilmente le une sulle altre, al contrario in un liquido ad alta viscosità, le forze intermolecolari sono più forti ed il liquido appare più denso ed appunto più viscoso.  Per questo motivo a volte gli stessi solidi amorfi vengono considerati liquidi ad altissima viscosità.  Se si considera una molecola all’interno di un liquido, le forze di attrazione dovute alla molecole circostanti, che vengono chiamate anche forze di coesione, si manifestano per l’intero angolo solido 4p , per cui la singola molecola è mediamente in equilibrio è può muoversi rispetto alle altre all’interno della massa. Per una molecola che si trovi invece alla superficie, le forze di attrazione intermolecolari, agiscono solo per mezzo angolo solido e si manifestano come tensioni superficiali che impediscono alla particella di allontanarsi dalla massa liquida restante: fig.1.5.4)a.

  In assenza di gravità, che costringe il liquido nel suo recipiente, le forze di coesione ed le tensioni superficiali, fanno assumere alla massa di un qualsiasi liquido una forma sferica, in quanto questa è l’unica configurazione di equilibrio che a parità di volume presenta una superficie esterna minore rispetto a tutti gli altri solidi.  In fig. 1.5.4)b, la foto mostra la struttura sferica di una goccia d’olio di oliva in un miscuglio di acqua ed alcool etilico.
  Questo miscuglio nel rapporto 1:1,5 presenta la stessa densità dell’olio, per cui la spinta di Archimede ed il peso dell’olio si equivalgono mantenendo la goccia in virtuale assenza di gravità. Le forze di coesione e le tensioni superficiali agiscono di conseguenza.

  Le forze di coesione interne e le tensioni superficiali di un liquido, in presenza delle pareti del recipiente danno luogo al fenomeno chiamato capillarità. La capillarità è dovuta all’attrazione fra le molecole del liquido e le molecole delle pareti del recipiente con cui queste vengono in contatto. Si possono verificare due casi.    

 Le forze di coesione del liquido e le sue tensioni superficiali, sono minori delle forze esercitate dalle molecole delle pareti, allora si dice che il liquido bagna la parete e la parte di liquido immediatamente adiacente alla parete salirà lungo la parete formando un menisco concavo come nel caso dell’acqua: fig. 1.5.5)a.
  Le forze di coesione del liquido e le sue tensioni superficiali, sono maggiori delle forze esercitate dalle molecole delle pareti, allora si dice che il liquido non bagna la parete e la parte di liquido immediatamente adiacente alla parete scenderà lungo la parete formando un menisco convesso come nel caso del mercurio: fig. 1.5.5)a.

  Nel caso di vasi comunicanti, se uno dei vasi è un piccolo tubo (capillare), un liquido che bagna, salirà nel tubo capillare fino a quando il peso del liquido non equilibri l’attrazione delle pareti. Come conseguenza, la salita del liquido nel tubo capillare è tanto maggiore quanto più piccola è la sezione del capillare. Questo fenomeno riveste una importanza fondamentale nell’ecosistema terrestre in quanto responsabile della salita della linfa lungo i capillari delle piante e degli alberi.

   

   Negli aeriformi, le molecole hanno una energia cinetica disordinata dovuta alla temperatura Ec , superiore alla energia di legame U e questo fa sì che esse si muovano liberamente (o quasi) nel volume determinato dal contenitore: fig.1.5.6).  In modo qualitativo possiamo dire che se le energie cinetiche disordinate dovute alla temperatura Ec , sono di poco superiori alle energie di legame U delle molecole un aeriforme viene definito vapore. Se invece, le energie cinetiche disordinate dovute alla temperatura, sono molto superiori alle energie di legame delle molecole, l'aeriforme viene definito gas...   

 

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  ...Ordine e disordine nei sistemi termodinamici - Il concetto di ordine e disordine per un insieme di oggetti, è legato al significato quotidiano che viene dato a queste parole. Definiamo ordinato, un insieme in cui gli oggetti sono tutti al loro posto e disordinato un insieme in cui ogni oggetto occupa un posto qualsiasi fra quelli a disposizione. Senza un mirato intervento esterno che metta ordine, sappiamo che ogni insieme, a seguito di azioni casuali successive, evolve verso uno stato di disordine totale. Questo è quello che anche avviene nei sistemi termodinamici. Se si prende un gas, supposto ideale, formato da N particelle che all’istante iniziale sia contenuto in una delle metà di un contenitore idealmente diviso in due parti uguali da una parete e, togliendo la parete, lo si lascia evolvere senza interventi esterni, esso diffonderà anche nell’altra metà del contenitore distribuendosi uniformemente in tutto lo spazio disponibile: fig. 2.4.1).  Una trasformazione di questo tipo è una trasformazione isoterma poiché la temperatura non varia, ma non è una trasformazione reversibile perché non è avvenuta lentamente attraverso una infinita successione di stati di equilibrio: quindi è necessariamente irreversibile. L’analisi della realtà dice che mai tutto il gas tornerà spontaneamente nella prima metà del contenitore.  Il primitivo stato del sistema, inizialmente confinato nella prima metà del contenitore, si è evoluto verso uno stato di maggiore disordine.
  Poiché la sua entropia è aumentata avendo subito una trasformazione reale ed è aumentato il disordine in cui si trovano le sue particelle, appare evidente un legame fra la variazione dell’entropia ed il disordine delle particelle costituenti il sistema.
  Analizziamo il comportamento di un gas composto di poche particelle supposte distinguibili le une dalle altre, che si muovano in un modo del tutto casuale nel contenitore di fig 2.4.1).
  Chiameremo le distribuzioni ottenute badando solo al numero di particelle presenti in un semicontenitore macrostati e le distribuzioni ottenute scambiando semplicemente le particelle fra loro, microstati.
   Essendo i moti casuali, le particelle si potranno trovare in momenti diversi:

● tutte nella prima metà del contenitore
● distribuite nelle due metà del contenitore
● tutte nella seconda metà del contenitore

  Supponiamo che il gas sia composto da 2 particelle.  Se ci riferiamo al numero di particelle presenti nelle due metà del contenitore, abbiamo soltanto 3 possibilità di distribuzione, cioè esistono solo 3 macrostati.   Ma il macrostato centrale si può ottenere con due diverse distribuzioni, scambiando fra loro le due particelle rispetto ai semicontenitori.  Poiché quindi per questo macrostato si hanno due diversi microstati, i microstati totali sono 4: fig. 2.4.2)a.
  Dal momento che ogni microstato ha la stessa probabilità di verificarsi degli altri, ogni singolo microstato avrà una probabilità del 25%, compresi i due microstati estremi (entrambe le particelle in uno dei semicontenitori). Ma questo vuol dire che il gas si è evoluto spontaneamente verso uno stato di minore disordine e quindi di minore entropia, in disaccordo con i Principi della termodinamica.

  La contraddizione si risolve ammettendo che c’è una differenza sostanziale nel comportamento del sistema, a parità di tipo di trasformazione, se questo è composto da poche particelle, oppure da un numero elevato di particelle.

   Supponiamo che il gas sia composto da 4 particelle.  In questo caso i possibili macrostati delle particelle sono 5: fig.2.4.2)b. Il macrostato centrale questa volta si può ottenere con 6 microstati equivalenti, ma poiché la somma di tutti i microstati possibili è 16, la probabilità di avere casualmente lo stato centrale è 6/16 (37,5%) e, quella di ottenere, sempre casualmente, uno degli stati estremi di massimo ordine ed entropia, è 1/16 (6,25%). Il macrostato centrale è molto più probabile dei macrostati estremi.

   Supponiamo che il gas sia composto da 6 particelle. I possibili macrostati diventano 7: fig.2.4.3). Il macrostato centrale questa volta si può ottenere con 20 microstati equivalenti, ma poiché la somma di tutti i microstati possibili è 64, la probabilità di avere casualmente lo stato centrale è 20/64 (31,25%) e, quella di ottenere, sempre casualmente, uno degli stati estremi di massimo ordine ed entropia, è 1/64 (1,56%).  

   La probabilità che il gas torni spontaneamente nel suo stato originale, invertendo il processo di diffusione diminuendo disordine ed entropia è veramente molto bassa.  Riassumendo: nel caso di 2 particelle la probabilità P di trovare il gas riunito casualmente in un semicontenitore è:

Nel caso di 4 particelle la probabilità P è diventata:


Nel caso di 6 particelle la probabilità P è ancora diminuita:


 Ma un gas reale non è costituito da 6 particelle! Nel caso di una mole, sono presenti 6,023∙1023 atomi o molecole. Il che significa, in base alle 2.4.12), che la probabilità che una mole di gas possa ritornare spontaneamente nella prima metà del contenitore da cui era stato fatto diffondere è data da:


   Il numero al denominatore della 2.4.13) è un numero sterminato. La probabilità P conseguente, è un numero infinitamente piccolo, talmente piccolo che l’evento non potrà mai verificarsi nemmeno in un tempo lungo quanto la vita dell’Universo.  Al contrario, al crescere del numero delle particelle costituenti, la probabilità per un sistema di trovarsi nel suo macrostato centrale, che corrisponde ad una eguale ed uniforme distribuzione nei due semicontenitori, si avvicina all’unità fino a virtualmente raggiungerla nel caso di un numero di particelle come quello presente nei sistemi reali...

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